Licenza Creative Commons
Questo/a opera è distribuito con licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia .

Translate

cartina

cartina

il Parco Naturale della Maremma

In Maremma le riserve, i parchi e le oasi occupano circa 40.000 ettari e sono parte integrante di un territorio che si contraddistingue per la varietà e la ricchezza dei suoi ambienti naturali. Il più conosciuto è il Parco Naturale della Maremma, esteso per circa 100 kmq, comprende il tratto costiero della Maremma toscana che va dal promontorio di Talamone fino alla foce del fiume Ombrone, ed è delimitato verso l'interno dalla via Aurelia. Per visitare il parco si possono scegliere una serie di percorsi a seconda della stagione della durata, e della difficoltà. Gli itinerari possono essere affrontati singolarmente, in gruppo ed anche con l'ausilio di una guida. Inoltre è possibile effettuare le visite anche a cavallo, in carrozza, in bicicletta ed in canoa. Dal punto di vista naturalistico possiamo dire che la maggior parte del parco è occupata dai Monti dell'Uccellina che corrono paralleli alla costa, sono coperti da una fitta macchia e toccano le quote più alte in corrispondenza di Poggio Lecci con 417 metri sul livello del mare. Nella parte settentrionale (pianeggiante) troviamo invece le zone umide caratterizzate da ambienti palustri generati dalla foce del fiume Ombrone. Altro importante ecosistema è rappresentato dalla pineta situata nella Marina di Alberese, risultato del rimboschimento attuato da Leopoldo II di Lorena. Il tratto costiero è invece costituito da una successione di arenili. Il parco per merito della sua posizione geografica, nella stagione migratoria è meta prescelta da molte specie di uccelli, inoltre rappresenta un habitat naturale ideale per cavalli e bovini allo stato brado o allevati all'aperto; nell'ambiente dei pascoli inoltre vivono stabilmente la lepre e il riccio, tuttavia vi compiono le loro scorribande notturne anche la volpe, il tasso, l'istrice ed il cinghiale. Nelle zone boscose troviamo il capriolo e nelle pinete il daino. Nella zona costiera infine sono presenti diversi carnivori tra cui il gatto selvatico, la martora, la faina, la puzzola, il coniglio selvatico ecc. Il Parco della Maremma pur essendo coperto da una folta vegetazione, presenta notevoli resti di testimonianze storiche quali l'abbazia di San Rabano del XII° sec. , e le numerose torri di avvistamento, costruite per prevenire gli attacchi dei pirati saraceni che nel XV° secolo infestavano le coste tirreniche.





le Spiagge del Parco

Le Spiagge del Parco Naturale della Maremma sono collocate all'interno del bellissimo parco omonimo, facente parte del comune di Grosseto. Tra le più rinomate la spiaggia di Collelungo e Cala di Forno. Si tratta di due incantevoli spiagge sabbiose dal fascino selvaggio ed incontaminato, raggiungibili entrando nella riserva durante gli orari di apertura, seguendo poi i vari percorsi e sentieri indicati all'ingresso. Una volta nel parco, si deve lasciare l'auto presso il parcheggio di Marina d'Alberese. Cala di Forno, circondata dal pittoresco paesaggio naturalistico del parco, presenta nelle vicinanze la torre omonima ed è stata segnalata da Legambiente e dal Touring Club Italiano fra le 11 spiagge più belle d'Italia; è accessibile seguendo l'itinerario A 4. La spiaggia di Collelungo è posta più a sud ed è molto più ampia e lunga, orlata da un bellissimo sistema dunale integro e suggestivo. Su di essa vengono periodicamente liberate le tartarughe caretta caretta. Il mare è ovunque molto bello, azzurro, cristallino e limpido, con fondali sabbiosi e digradanti, ideale per nuotare e fare il bagno




il Lago di Burano

Il Lago di Burano è una laguna salmastra costiera all'estremità meridionale della Maremma grossetana, nel comune di Capalbio. Si estende per circa 236 ettari ed ha una profondità media di un metro. È separato dal Mar Tirreno da una stretta fascia di dune, che costituisce uno dei tratti costieri naturalisticamente meglio conservati della regione.
Dal 1980 è riserva naturale dello Stato, classificata come zona umida di importanza internazionale secondo la convenzione di Ramsar. Una parte del lago e delle zone limitrofe forma anche parte dell'Oasi WWF del Lago di Burano. Nel 2005, sia il Lago di Burano che la Duna del Lago di Burano sono stati indicati come siti di interesse comunitario dal Ministero dell'Ambiente.
Fra le molte specie di uccelli acquatici che sono stanziali, o che si fermano nel lago per un breve periodo, durante le migrazioni, ricordiamo il fenicottero rosa, gli aironi, la folaga, la moretta, il moriglione, il germano reale ed il mestolone (simbolo dell'Oasi WWF), il porciglione ed il martin pescatore. Tra i rapaci, sono presenti falco di palude e falco pescatore.
La duna è frequentata anche da mammiferi come istrice, volpe e cinghiale, difficilmente avvistabili ma dei quali è facile notare le impronte sulla sabbia.
Frutto del ginepro coccoloneLa vegetazione della duna è costituita sia da piante arboree come leccio e sughera, che da piante cespugliose come ginepro coccolone, ginepro fenicio e mirto, con presenza di salsapariglia (detta in dialetto locale "stracciabrache", per motivi facilmente intuibili) e asparago. L'importante vegetazione pioniera della spiaggia gode di adeguata protezione, dato che le operazioni di pulizia vengono effettuate senza utilizzo di mezzi meccanici e lasciando il materiale organico spiaggiato (indispensabile anche per la sopravvivenza di numerose specie di coleotteri e di altri invertebrati).




la Riserva Naturale del Monte Penna

Un gruppo di rilievi, alle pendici sud-orientali dell'Amiata, costituisce la Riserva naturale del Monte Penna. Emergono in altezza il Poggio della Vecchia (1086 metri) e il Civitella (1107 metri). L'area ricade interamente sul territorio di Castell'Azzara e confina con la riserva del Pigelleto, nel comune di Piancastagnaio, in Provincia di Siena. La superficie montuosa interessata ai provvedimenti di protezione supera i mille ettari, comprese quattro aree contigue.
Dal punto di vista geologico sono molteplici gli aspetti da evidenziare; in primo luogo gli affioramenti rocciosi appartenenti al complesso Facies Ligure: formazione argillosa di Santa Fiora (Cretaceo superiore-Paleocene), formazione calcareo-arenacea della Pietraforte (Cretaceo-superiore) e formazione delle argille con calcari palombini (Cretaceo inferiore). Significativa l'area carsica del Monte Elmo e le grotte che si trovano sui poggi adiacenti. Infine in località Abetina si riscontra una mineralizzazione cinabrifera. Il mercurio è stato estratto dall'inizio del secolo fino al 1974.
Negli impluvi e nelle doline si rinvengono foreste di frassini, faggi e cerri. Di grande interesse naturalistico è il bosco della Fonte, sul Poggio della Vecchia, costituito da formazioni miste di acero campestre, acero trilobo, acero montano e acero obtusatum. La riserva risulta quasi completamente boscata, con l'esclusione di piccole zone circostanti i poderi. Vicino all'abitato di Selvena sono presenti piante di Castagno di eccezionali dimensioni. Nella Riserva vivono uccelli come la poiana, l’allocco e il gufo comune. La fauna annovera anche mammiferi come la volpe, l’istrice, il cinghiale, il capriolo, la donnola, la puzzola, la faina e la martora. Infine di grande interesse il popolamento di pipistrelli nelle grotte vicino a Castellazzara. Per quanto riguarda l’arte e la storia il consiglio è quello di salire ai resti della Rocca Silvana



la Riserva Naturale del Monte Labbro

La Riserva naturale Monte Labbro è situata a sud-ovest del Monte Amiata, nel comune di Arcidosso e in un'area di grande valore paesaggistico, ambientale e storico.
L'area della Riserva naturale (667 ha) comprende al suo interno sia il Parco faunistico del Monte Amiata, che la vetta del Monte Labbro (altezza m. 1193), con la Torre Giurisdavidica, legata alla memoria storica di Davide Lazzaretti.
Una parte consistente della superficie della Riserva è di proprietà pubblica.
Il paesaggio della riserva è particolarmente suggestivo, in quanto contrastante con quello del vicino cono vulcanico del Monte Amiata. Infatti, la cima del Monte Labbro, costituita da rocce calcaree bianche, fratturate ed in gran parte spoglie, è circondata da un mosaico di pascoli, siepi e campi coltivati, dove un'agricoltura estensiva permette il mantenimento delle caratteristiche naturali.
I campi coltivati sono ancora decorati, come succedeva in passato, da fiordalisi, gittaioni e speronelle.
Le siepi sono formate da arbusti di pruno, biancospino e acero campestre.
Ma è nei pascoli che sono presenti le specie floristiche di maggiore importanza, come la viola etrusca (endemismo delle montagne della Toscana meridionale) e varie specie di orchidee (Dactylorhiza fuchsii, Orchis morio, ecc). Tali pascoli, che rappresentano un ambiente prioritario per la Direttiva comunitaria Habitat, sono stati oggetto si specifiche misure di tutela.
Oltre ai mammiferi ospitati nei recinti del Parco faunistico del Monte Amiata (daini, caprioli, cervi, mufloni, camosci e lupi), sono presenti numerose specie di uccelli caratteristici delle zone montane, come i fringuelli alpini e i sordoni, che frequentano la cima del Monte Labbro in inverno, o i culbianchi e gli ortolani, che vi nidificano.
L'area della Riserva e le sue immediate vicinanze ospitano anche una delle più importanti colonie di nidificazione di albanella minore in Italia.



la Riserva Naturale di Pescinello

La Riserva di Pescinello si trova nell’Alta valle dell’Albegna, sulla riva sinistra del fiume, a monte dell’abitato di Roccalbegna. Si estende su una superficie complessiva di 149 ettari con un’area contigua di altri 92. Il territorio è collinare, con rilievi, come Poggio Crivello e Poggio Cerrino, che hanno altezze medie, superiori agli 800 metri sul livello del mare. Pescinello presenta la stessa formazione geologica della Riserva di Rocconi con calcari vari: rosso ammonitico, a calacareniti, ad argilliti e a diaspri. Il territorio è notevolmente accidentato con ripidi crinali che ospitano una flora e una fauna pregevole. Alcune pareti di roccia calcarea, esposte a sud completano la varietà del territorio. La Riserva è ricca d’acqua: sorgenti, stagni, risorgive e abbeveratoi sono presenti in gran numero e contribuiscono a mantenere elevata la biodiversità del territorio. La flora di questa area è un vero tesoro verde. Il difficile accesso a molte zone boscate, il taglio moderato ed attuato con metodi antichi hanno fatto sì che all’interno della Riserva sopravvivessero vecchi alberi di dimensioni straordinarie.
La ricchezza di acqua (da cui forse deriva il nome Pescinello) ha permesso la sopravvivenza di una fauna minore, altrove minacciata o addirittura estinta. Negli stagni e nelle sorgenti oltre ai comuni tritoni, crestato e italico, sono presenti due rarità: l’ululone dal ventre giallo e il gambero di fiume.




l'Oasi di San Felice

Dal 12 luglio 2007 un altro lembo di costa, di delicato ambiente di dune e di storica pineta costiera entra a far parte della famiglia del Panda. E' l’Oasi San Felice, affiliata alla rete di aree tutelate dal WWF. Questa la positiva notizia presentata dal gruppo Allianz che, con il patrocinio del Comune di Grosseto e alla presenza di Fulco Pratesi presidente onorario del WWF, si è impegnata a gestire 50 ettari della tenuta di sua proprietà secondo i rigorosi criteri stabiliti dall’associazione per queste particolari riserve naturalistiche e in accordo con i programmi di tutela delle amministrazioni locali. L’Oasi San Felice è certamente punto di pregio di quel sistema dunale della Maremma, che rappresenta uno dei tratti più lunghi e meglio conservati del litorale tirrenico. Si presenta ancora integro e ospita un’interessante flora delle sabbie, una zona umida costiera lambisce l’area meridionale. Verso l’interno, si trova la zona della duna consolidata, colonizzata da arbusti e cespugli di macchia mediterranea, fino poi arrivare a riconoscere l’andamento delle vecchie dune ‘fossili’.





l'Oasi di Bosco Rocconi

Sita nel comune di Roccalbegna, sul versante meridionale del Monte Amiata, si estende per circa 130 ettari ed è costituita da ampi spazi boschivi e da lembi di foresta, è attraversata da due corsi d'acqua, il fiume Albegna ed il torrente Rigo, che dopo la loro confluenza si incuneano in uno strettissimo "canyon", lungo circa 700 metri, scavato nelle rocce calcaree.
Nell'oasi è possibile trovare (anche se non visitabili durante le escursioni) numerose grotte e spaccature che si aprono nella roccia e che costituiscono un rifugio essenziale per le varie specie faunistiche. Il territorio è stato acquistato dal WWF nel 1995, a seguito dell'Operazione Beniamino.
Nell'oasi si distinguono, a causa delle variazioni di altitudine e dell'esposizione, diverse varietà di vegetazione. La lecceta è situata nella parte rocciosa, presenta esemplari secolari e di rilevanti dimensioni che fanno penetrare il proprio apparato radicale all'interno delle spaccature del terreno.
Il bosco ceduo si estende per circa la metà del territorio dell'oasi e presenta specie quali la roverella, il carpino, l'orniello, il sorbo. Nel sottobosco sono presenti prugnoli, peri selvatici e ginepri. Il bosco ripariale che si estende lungo il fiume Albegna, è caratterizzato da pioppi, salici, ontani e frassini.
Le specie diversissime di esemplari faunistici rappresentano la caratteristica dell'oasi di Bosco Rocconi. Tra gli uccelli sono da ricordare il lanario, simbolo dell'oasi, il biancone, lo sparviere, la poiana, il gheppio, il falco pecchiaiolo, la colombella, l'assiolo, il picchio muraiolo, il corvo imperiale.
Tra i mammiferi sono presenti, oltre alle specie tipiche della Maremma quali tassi, istrici, faine, volpi, cinghiali, esemplari di martora, puzzola, gatto selvatico, capriolo e daino. Tra i rettili è certa la presenza della vipera, del biacco, del cervone, nonché di lucertole e ramarri. Nei corsi d'acqua, freddi e puliti, vivono barbi, trote, vaironi ed il raro gambero di fiume.



il Parco delle Colline Metallifere

Il Parco tecnologico e archeologico delle Colline Metallifere grossetane comprende il territorio dei sette comuni a nord della Provincia di Grosseto – Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Montieri, Monterotondo Marittimo, Roccastrada e Scarlino – ed è costituito da un consorzio di cui fanno parte Ministero dell'Ambiente (che nomina il Presidente), Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Toscana, Provincia di Grosseto, Comunità Montana Colline Metallifere e le sette amministrazioni comunali (che nominano in loro rappresentanza il Vice Presidente). Le finalità istituzionali del Parco riguardano il recupero, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio ambientale, storico-culturale e tecnico-scientifico delle Colline Metallifere, segnate in particolar modo dall'esperienza mineraria, promuovendo un circuito turistico-culturale. Per questo, in ogni comune, è stata istituita una "Porta del Parco" dove, oltre al centro d'accoglienza e informativo e al centro di documentazione, vengono organizzati itinerari e visite guidate, seminari, corsi di formazione professionale e stage post-laurea universitari.
Miniera Ravi-MarchiIl parco nasce dalla volontà di non disperdere la storia della attività minerarie e della metallurgia che si sono succedute nel comprensorio delle Colline Metallifere Grossetane per circa tre millenni e che hanno influito alla determinazione del loro paesaggio culturale. La salvaguardia dei siti industriali e minerari dismessi, integrata alle notevoli risorse naturalistiche ed a fulgidi esempi della architettura ed arte medioevale, esistenti copiosamente nella zona, fanno delle Colline Metallifere un itinerario per un turismo diverso. Il tema conduttore è la riscoperta delle tracce delle miniere ed il lavoro nel sottosuolo. Inevitabilmente, nel viaggio, attraverso queste terre, si sovrappongono una natura straordinaria e testimonianze di cultura di grande interesse.
Il Parco Tecnologico e Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane, uno dei primi a carattere tematico istituito in Italia dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, è destinato a occupare un posto di rilievo nella rete dei parchi europei: il valore delle sue testimonianze archeologiche, la significatività del suo patrimonio archeo-industriale e la qualità delle sue risorse ambientali e paesaggistiche ne fanno un parco politematico che trova difficilmente altre esperienze riscontrabili.
La molteplicità dei siti di cui si compone il Parco richiede quindi un sistema di percorsi che consenta ai visitatori di scegliere fra diverse opzioni di visita, ad ognuna delle quali corrispondono itinerari specifici. A tal fine sono stati individuati cinque itinerari (itinerario dell'allume, del ferro, della lignite, della pirite e del rame); ognuno di essi collega i luoghi di lavorazione deputati a un minerale specifico; seguendo l'itinerario il visitatore avrà modo di ripercorrere, in un arco di tempo che va dall'epoca etrusca fino all'età contemporanea, l'evoluzione tecnologica dell'attività mineraria e metallurgica inerente al minerale che fa da filo conduttore della visita.



il Parco Naturalistico delle Biancane

Il parco naturalistico delle Biancane è un'area naturale in cui sono ubicate le caratteristiche Biancane nei pressi del centro di Monterotondo Marittimo (GR), che e rappresentano uno dei tanti siti in cui la geotermia caratterizza fortemente il paesaggio al confine fra le province di Pisa e Grosseto. Si ha infatti la presenza di diverse tipologi di manifestazioni geotermiche come soffioni, fuoriuscite di vapore dal terreno, putizze e fumarole.
Il nome deriva dal colore bianco delle rocce che caratterizza tutto il paesaggio, infatti, le emissioni di idrogeno solforato causano una reazione chimica con il calcare trasformandolo in gesso.
Il vapore che esce dalle fratture delle rocce ha una temperatura di circa 100 °C ed è costituito per il 95% da vapore acqueo e per il restante da anidride carbonica, metano, ammoniaca, acido solfidrico responsabile del caratteristico odore di uova marce, acido borico, azoto, idrogeno ed in minor misura elio, argon, radon ed altri gas nobili.
In corrispondenza degli sbocchi di vapore si hanno cristallizzazioni di zolfo di nativo sottoforma di aggregati aciculari o di incrostazioni dovute all'ossidazione dell'acido solfidrico dovute al contatto con l'aria. La presenza dell'acido solfidrico è causa inoltre di un'intesa acidificazione del suolo e la forte aggressività chimica di alcuni componenti dei fluidi geotermici ha prodotto un vistoso sbiancamento del suolo.

Tutte le rocce si presentano alterate dalla circolazione dei fluidi geotermici, alterazioni che si manifestano con la scomparsa dei colori originali e con variazione della composizione.
Le Biancane con i suoi Lagoni rappresentano una delle aree di competenza del Parco Tecnologico Archeologico delle Colline Metallifere Grossetane.
Nella parte inferiore del sito delle Biancane si trova il Lagone. Il cratere viene alimentato da infiltrazioni di acqua termale provenienti dalla collina sovrastante. L'acqua viene portata ad ebollizione dal vapore che esce dal fondo del pozzo fino a raggiungere la temperatura di 100-150 °C. In alcuni casi l'acqua viene spinta in alto con veemenza sino a raggiungere decine di centrimentri di altezza.
Le sperimentazioni per l'estrazione di acido borico, da parte di Uberto Francesco Hoefer, hanno avuto inizio proprio alle Biancane, in particolare presso il Lagone Cerchiaio, anch'esso compreso all'interno del territorio delle Biancane.
Il termine Cerchiaio deriva dalla traduzione locale, già in epoca altomedievale, di utilizzo delle acque bollenti per la curvatura dei rami di castagno per la "cerchiatura" delle botti.
Fin dai tempi degli Etruschi le acque boriche erano ritenute efficaci per le malattie della pelle, le piaghe, come sollievo per artriti e dolori muscolari e per la cura delle malattie del fegato e dei reni. Attualmente l'acido borico viene utilizzato nella produzione di smalti, per le ceramiche, nell'industria del vetro e in quella farmaceutica.
Il sito delle Biancane è infine caratterizzato dalla presenza di pozzi geotermici dai quali fuoriesce vapore ad alta entalpia. Il vapore viene così convogliato ed inviato alla centrale geotermica per la produzione di energia elettrica (potenza 10 MW), situata sul lato ovest . Il vapore viene inviato direttamente alla turbina, e successivamente, condensato e depurato dei gas incondensabili. L’acqua di condensa viene raffreddata e reiniettata nel sottosuolo.
A Monterotondo Marittimo iniziò la produzione di energia elettrica da fonte geotermica a livello industriale nel 1916. Nel 1918 venne costruita una centrale di produzione presso il Lago Boracifero da 250 KW. La centrale geotermoelettrica dell'ENEL che si trova presso Le Biancane risale al 1958 ed è stata modernizzata nel 2002. Le quattro centrali situate nel territorio del comune di Monterotondo Marittimo riescono a coprire il 70% dell'intero fabbisogno energetico della provincia di Grosseto tramite lo sfruttamento del vapore proveniente dai pozzi geotermici della zona.

la Diaccia Botrona

La Riserva naturale Diaccia Botrona è una area naturale protetta della Toscana caratterizzata da un ambiente tipico palustre che occupa una parte della pianura tra la città di Grosseto e la località costiera di Castiglione della Pescaia.
L'area protetta è ciò che rimane dell'antico Lago Prile o lago Preglio, (lat: Lacus Prelius et Lacus Prilius vel Lacus Prilis) vastissimo bacino lacustre che nei secoli scorsi occupava quasi interamente questa zona di pianura e che è stato quasi interamente prosciugato a seguito delle grandi opere di bonifica iniziate dai Lorena nel Settecento attraverso lavori di canalizzazione delle acque per eliminare definitivamente la malaria.
L'area è stata dichiarata zona umida di valore internazionale secondo la Convenzione di Ramsar.
La Riserva naturale include la vasta zona palustre compresa tra il fiume Bruna ed il tratto di pineta lungo la strada Castiglione-Marina di Grosseto, oltre alla pineta stessa.
La palude è divisa nelle due zone, di diversa ampiezza, della Diaccia e della Botrona dall'argine che congiunge Casa Ximenes ai Ponti di Badia, presso l'Isola Clodia.
La zona più vicina al fiume Bruna ha meglio conservato le caratteristiche di palude d'acqua dolce, mentre la parte restante si è nel tempo trasformata in una laguna salmastra, con conseguenti modificazioni nella vegetazione e nella fauna ospitata.
Salicornia Il canneto, che originariamente copriva l'intera estensione della palude, ha notevolmente ridotto le sue dimensioni, sostituito in gran parte da vegetazione alofila (più adatta all'avvenuto aumento di salinità dell'acqua), con giunchi, salicornie e limonio.
Importanti sono anche i residui della vegetazione arborea igrofila, con frassini, olmi, salici e tamerici.
Tra palude e pineta si estendono prati periodicamente allagati
La pineta è costituita da maestose piante di pino domestico, con un fitto sottobosco di macchia mediterranea, nel quale fioriscono cisti e rosmarino.
Anche se il già citato aumento di salinità ha ridotto la nidificazione delle specie legate al canneto (tarabuso, airone rosso e falco di palude), la Riserva mantiene una grande importanza faunistica per la presenza di numerose specie di uccelli.
Tra questi, vi svernano in gran numero fenicotteri, oche selvatiche, anatre (soprattutto germani reali, alzavole e fischioni), ma anche aironi bianchi maggiori, gru, falchi pescatori e albanelle reali, mentre i prati periodicamente allagati sono frequentati da beccaccini, pettegole e altri limicoli.
Nelle zone aperte nidificano cavaliere d'Italia e occhione, mentre la pineta, oltre alla grande garzaia con aironi cenerini e garzette, ospita specie di notevole interesse quali ghiandaia marina e cuculo dal ciuffo.




.